Fashion e tecnologia

La moda che protegge dal riconoscimento facciale

Cap_able, una startup di fashion tech milanese, ha brevettato una tecnologia indossabile che scherma dalla sorveglianza biometrica
Moda che protegge dal riconoscimento facciale
Foto: Cap_able

Le tecnologie di riconoscimento facciale sono ormai diffuse in tutto il mondo: i sistemi sono in grado di risalire all’identità di una persona a partire da un video o da un’immagine catturata da una telecamera di sorveglianza, incrociandoli con altri dati disponibili, per esempio i database delle forze dell’ordine. I rischi di questi sistemi sono molteplici e concreti: da una pesante invasione della privacy dei cittadini, a un rafforzamento di bias algoritmici, alla profilazione di massa di specifiche categorie di persone, come i migranti o gli appartenenti a minoranze etniche.

Nel 2019 Rachele Didero, allora studentessa in scambio a New York presso il Fashion Institute of Technology, ha l'idea di far convergere il fashion design con una tecnologia progettata per contrastare il riconoscimento facciale. Così nasce Cap_able, una startup di fashion tech che produce abiti a prova di profilazione algoritmica.

L’idea si basa su quelli che si chiamano adversarial textiles” spiega Didero. E aggiunge: “Si tratta della trasposizione su tessuto di alcune immagini, che sono in grado di confondere gli algoritmi di riconoscimento facciale. In particolare noi ci basiamo su Yolo, che è il software di riconoscimento in tempo reale più veloce che esista - e considerato lo stato dell’arte dalla ricerca accademica corrente”.

Gli abiti di Cap_able impediscono agli algoritmi di riconoscere le persone come tali. Nei bounding box compaiono nomi di animali o oggetti. 

Per arrivare al risultato finale, ovvero degli abiti che proteggano i dati biometrici di chi li indossa, non solo è necessario lavorare sulle immagini, ma anche sul tipo di tessuto. Il modello brevettato da Cap_able consente di “incorporare” direttamente l’algoritmo nella trama degli indumenti.

Gli abiti di Cap_able confondono le telecamere, impedendo loro di riconoscere un volto umano, portandole invece a identificare animali, cibi o altri oggetti. “L’adversarial textile funziona un po’ al contrario rispetto a un codice qr - prosegue Didero -. Invece di dare un’informazione, la scherma.

Cap_able è basata a Milano ed è stata fondata dalla stessa Didiero insieme a Federica Busani, esperta di management e business development per startup. “Avendo viaggiato e avendo conosciuto molte realtà internazionali, abbiamo incontrato persone con più consapevolezza sul tema della privacy di quanto sia riscontrabile in Italia - racconta Busani -. Inizialmente il nostro interesse per il tema è stato quasi fortuito; poi siamo andate a scavare e abbiamo compreso a fondo i risvolti etici. Cap_able nasce anche con l’idea di aumentare la consapevolezza sul diritto alla privacy e sulle discriminazioni algoritmiche”.

Sto portando avanti la parte di ricerca e sviluppo per la startup nell’ambito del mio dottorato - conclude Didero -. A dicembre 2022 abbiamo in mente di lanciare una collezione di accessori - quindi di inserire la tecnologia su una superficie più piccola. Lavoreremo anche sulla composizione materica dei filati, per andare a schermare, in futuro, anche altri tipi di riconoscimento oltre a quello per immagini”.